Atterraggi e decolli in montagna |
|
|
Atterrare e decollare in montagna presenta alcune peculiarità di cui
bisogna tener conto:
- In quota l'aria è più rarefatta, a parità di velocità indicata la
nostra velocità rispetto al terreno è maggiore.
- L'atterraggio si esegue in salita - per quanto occorra meno spazio
per fermarsi non abbiamo alcuna possibilità di riattaccare.
- La corsa di atterraggio deve concludersi sulla sommità della pista,
se ci fermiamo prima corriamo il rischio di non poter ripartire.
- In decollo (in discesa) la difficoltà è data dal poco spazio e
dall'enorme resistenza della neve sugli sci. Per contro normalmente ci
staccheremo dal suolo con variometro ancora a scendere e senza ostacoli
da superare.
Prima di avvicinarsi ad una superficie atterrabile occorre essere certi
che non vi siano ostacoli quali:
- Crepacci o neve inadatta (troppo dura - ghiaccio o troppo molla -
neve marcia)
- Detriti di vario tipo (rami, sassi)
- Persone
Per essere sicuri di ciò occorre eseguire almeno due giri di
ricognizione sul terreno.
Il primo sarà eseguito più o meno alla quota della parte più alta del
ghiacciaio ove intendiamo atterrare e il secondo alla quota del punto che
abbiamo scelto come punto di impatto (ovvero dove intendiamo posare gli
sci).
Osservando il comportamento del velivolo dobbiamo capire se c'è o meno
vento e/o turbolenza, le condizioni della neve e garantirci la via libera
da ostacoli.
Atterraggio -
procedura tradizionale (francese) - E' la procedura più
semplice, adatta sia ad aviosuperfici in pendenza che ai normali campi
piani.
Si atterra con full flaps, mantenendo costantemente traguardato il
punto di impatto.
La velocità si mantiene al valore di salita ripida (per il PA 18 è di
60 Kts) agendo col motore e con la cloche.
Arrivati in prossimità del suolo si richiama e si "flera" sino a
toccare.
Nella parte finale avremo da smaltire quota e velocità, pertanto
risulta non facilissimo toccare con precisione.
E' una procedura che va bene in generale, quando non vi sono problemi
particolari.
|
|
Atterraggio - procedura "Geiger" -
E' la procedura più usata, anche se per tale approccio
occorre un allenamento specifico.
Si esegue un circuito di ricognizione e quindi si imposta la planata
con una sola tacca di flaps, partendo da una quota molto vicina a
quella della parte più alta della pista.
In questo modo la richiamata risulterà più dolce rispetto alla
procedura descritta in precedenza e l'atterraggio sarà più preciso,
avendo maggiore possibilità di allungare la "flerata" (sempre
assistita dal motore, visto che atterriamo in salita) tenendo d'occhio
la pista ed evitando ostacoli o tratti di terreno o neve mal
praticabili.
Arrivando più bassi abbiamo meno energia da smaltire e quindi la corsa
di atterraggio risulterà più corta.
|
|
Atterraggio - avvicinamento a
variometro 0 - Si tratta di eseguire un circuito alla
stessa quota del punto di impatto scelto.
Dobbiamo mantenere la quota con una sola tacca di flaps e il motore a
regime di volo lento.
Non abbiamo margini per correggere un atterraggio "corto", pertanto
dobbiamo prestare la massima attenzione a non scendere sotto la quota
di impatto.
Durante la ricognizione dobbiamo aver accertato che non vi sia
turbolenza in prossimità della testata pista.
L'aereo si ferma immediatamente, percorrendo un tratto al suolo
veramente minimo.
Questa procedura è adatta a piste molto corte (attenzione però ad
avere lo spazio necessario per il successivo decollo) o più
propriamente per avvicinamento con il vento in coda.
Occorre essere molto allenati e conoscere bene la pista.
|
|
|
|
|
Qualunque sia la procedura che abbiamo
scelto, la parte finale dell'atterraggio è più o meno identica.
Mentre la velocità scende sensibilmente a valori molto prossimi allo
stallo si da motore per raccordare dolcemente la planata.
Non dobbiamo dimenticare che qui atterriamo in salita.
Non appena le ruote (o gli sci) toccano il suolo occorre diminuire il
gas, prestando però attenzione a non perdere del tutto l'abbrivio.
E' fondamentale, infatti, arrivare senza fermarsi sino al culmine della
pista, ove sarà possibile girare l'aereo e iniziare la corsa di decollo.
Se l'aereo dovesse fermarsi a metà pista potrebbe essere impossibile (o
molto, molto difficile e faticoso) farlo ripartire, specie con neve
fresca. |
|
|
Decollo -
Iniziamo la corsa di decollo con full flaps, in modo da ridurre il
più possibile la resistenza dovuta all'attrito tra gli sci e la neve. La
cloche sarà tirata in modo da staccare al più presto.
Non appena gli sci si staccano dal suolo continuiamo a scendere seguendo la
pendenza della pista in modo da prendere velocità e togliamo flaps sino a
raggiungere la configurazione di salita ripida (in genere una sola tacca).
Questa manovra deve essere eseguita con molta attenzione, senza perdere
quota e continuando ad accelerare.
Toccare nuovamente il terreno, magari già oltre il limite praticabile della
pista potrebbe essere veramente pericoloso. |
|
Sia in atterraggio che in decollo occorre sempre tener
ben presente che in quota, pur restando immutato il valore della
velocità di stallo anemometrica (cioè quella indicata
dall'anemometro), in realtà (diminuendo con la quota la densità
dell'aria) la velocità rispetto al suola aumenta sensibilmente.
Questo in pratica vuol dire che diventano inaffidabili i nostri
abituali riferimenti "esterni" e diventa fondamentale tenere d'occhio
l'anemometro, e inoltre che la velocità di impatto (o di decollo) è
sempre più elevata che in pianura.
|
Variazione
della velocità di stallo con la quota ( aria standard ) |
MSL |
1000 mt |
2000 mt |
3000 mt |
4000 mt |
5000 mt |
32 |
34 |
35 |
37 |
39 |
41 |
35 |
37 |
39 |
41 |
43 |
45 |
37 |
39 |
41 |
43 |
45 |
48 |
40 |
42 |
44 |
46 |
49 |
52 |
42 |
44 |
46 |
49 |
51 |
54 |
45 |
47 |
50 |
52 |
55 |
58 |
50 |
53 |
55 |
58 |
61 |
65 |
55 |
58 |
61 |
64 |
67 |
71 |
60 |
63 |
66 |
70 |
73 |
77 |
65 |
68 |
72 |
75 |
79 |
84 |
70 |
74 |
77 |
81 |
85 |
90 |
75 |
79 |
83 |
87 |
91 |
97 |
|
|
|