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In tre parole si potrebbe
definire il Parapendio come un discensore da pendio, uno strumento che
permette di scendere dolcemente in volo da una collina, montagna,
scogliera evitando la fatica del ritorno dopo una camminata.
Nato con questa funzione negli anni 80 si è rapidamente sviluppato come
attrezzo da veleggiamento e voli di distanza grazie ad energie naturali,
quali sole e vento. In Italia in alcune montagne della zona Pedemontana,
grazie alla dolcezza dei pendii ed alla sicurezza offerta, i pionieri di
questa disciplina effettuavano i primi decolli con dei parapendii (dette
anche vele) con un'efficienza (rapporto altezza-distanza) di 1 a 2, oggi
siamo arrivati ad un rapporto 1 a 9 e questa evoluzione tecnica ha
permesso il raggiungimento di mete superiori a 100 km naturalmente in
volo.
Nel mondo i paesi dove questo sport è maggiormente sviluppato sono i
Paesi Europei con in testa la Francia, Nord America e Giappone. Il record
di distanza libera è di km 330 circa effettuato in Sud-Africa ad opera di
piloti locali con dei plafond medi da 4.000 metri ai 5.000 metri di quota.
Solitamente nelle nostre zone un pilota con un minimo di esperienza
permane in volo dalle due alle quattro ore.
E' uno sport che richiede una preparazione
teorico-pratica costante in quanto una corretta applicazione dei principi
che regolano questo sport riducono a zero le possibilità di incidente.
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La storia del parapendio, come quella del
volo umano in genere, comincia con le prime intuizioni di Leonardo
Da Vinci, nel XV e XVI secolo.
Le ali disegnate da Leonardo presentavano già molte delle
caratteristiche (profilo curvo, bordo d'attacco spesso e d'uscita
fino,costruzione in centine e longheroni) che poi avrebbero segnato
tutte le costruzioni aeronautiche. |
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Purtroppo la visione di Leonardo resta un
lumicino nella notte, e solo nell'epoca Vittoriana, in Inghilterra,
George Cayley riuscì nell'intento di costruire e far volare un
aliante.
Nel 1804 Cayley costruì un aliante dotato di timone direzionale,
capace di planare e ruotare in cerchio.
Nel 1818 dotò la sua macchina di piani di coda orizzontali mobili. |
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Mentre Cayley costruiva ma non pilotava i propri
prototipi, Otto Lilienthal sperimentava personalmente gli alianti
che progettava.
Verso la fine del XIX secolo fu lui il primo ad affrontare
seriamente la costruzione di un aliante progettato finalmente con
criteri scientifici, dando il via allo sviluppo dell'aeroplano vero
e proprio.
Saranno poi i fratelli Wright, disponendo finalmente di un motore di
potenza sufficiente e peso contenuto a far volare il primo aereo a
Kitty Hawk nel 1903. |
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Generalmente, l'anno di nascita
del parapendio viene fissato nel 1985, la sua patria è la Francia, anche
se, nella realtà, la sua evoluzione comincia con le ricerche svolte da
Francis Rogallo per la NASA negli anni '60.
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Nel
1948 Langley Francis Rogallo e sua moglie Gertrude svilupparono
un'ala a delta adatta per planare a basse velocità.
Questo progetto, sviluppato presso i laboratori della NACA (la
vecchia sigla che designava la NASA, quando ancora il termine
"Space" non aveva un senso preciso) fu brevettato dai
Rogallo nel 1951.
In seguito, nel 1958, la NASA riprese il progetto dei Rogallo nel
tentativo di fornire un'ala governabile alle capsule Gemini, Mercury
e poi Apollo per agevolarne il rientro.
Questi studi, sebbene non approdando alla realizzazione del
sistema di rientro per le capsule spaziali, portarono alla
realizzazione di una moltitudine di significativi prototipi di ali
flessibili, tra cui il moderno paracadute. |
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Negli anni '60 due ditte costruttrici di paracadute,
la Pioneer Aerospace e la Irvin Industries ottennero la licenza
dalla NASA per produrre paracadute plananti.
Nel 1965 la squadra di paracadutismo di precisione dell'U.S. Army
utilizzò questo nuovo tipo di ala, dimostrandone le possibilità.
Trent'anni dopo la chiusura del progetto Apollo, la NASA
progettò di utilizzare il paracadute planante per l'X-38, un
veicolo progettato per scendere planando senza motore dalle stazioni
spaziali orbitanti, (come lo Space Shuttle), e quindi utilizzare
un'ala flessibile (un paracadute direzionabile) per l'atterraggio
finale.
Esperimenti condotti presso la base di Edwards negli ultimi anni '90
hanno dimostrato le possibilità del progetto.
I primi parapendio (dal Francese: parapente) erano strettamente derivati
dai paracadute da lancio, avevano l'aspetto di materassi con 8-9 celle
(cassoni) mantenute gonfie da enormi prese d'aria sul davanti (il bordo
d'attacco); già allora erano fatti in tessuto simile a quello delle vele
spinnaker con cordini in kevlar.
Come avviene ancora oggi, già nei primi anni, il decollo veniva
effettuato correndo in discesa da pendii di montagna, l'aria era forzata
ad entrare nei cassoni, la vela, termine che indica comunemente il
parapendio, si gonfiava ed il suo profilo (sezione), simile a quello di
un'ala d'aereo, generava una portanza in grado di sostenere il pilota in
volo.
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Nel 1985 la FAI (Federazione Aeronautica Internazionale) riconosceva il
parapendio come velivolo, ma si era ben lontani dalle prestazioni e dalla
sicurezza delle vele attuali; il parapendio allora più performante aveva
un'efficienza di 1/3,2; il ché, in parole povere, significa che la vela
scendeva di un metro per ogni 3,2 percorsi in orizzontale.
In quegli anni, la scarsa esperienza di aerologia dei praticanti e
l'approssimazione di alcuni progetti facevano del parapendio una attività
se non a rischio, almeno non priva di inconvenienti.
Nel 1988 viene organizzato il primo campionato FAI a St. Hilaire du Touvet
vicino a Grenoble e le vele cominciano ad evolversi ed a guadagnare in
sicurezza. E' del 1988 il progetto del Billiard, una vela della Italiana
Paradelta che segnerà un radicale passo innanzi in termini di sicurezza.
Vale la pena di citare questo modello perché, almeno in ambito Nazionale,
moltissimi campioni di parapendio fecero i loro primi voli con il Billiard
o con la sua versione da competizione: il Bull Ball.
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Nel frattempo, le case costruttrici cominciarono ad organizzarsi per
stabilire degli standard di sicurezza alle vele e dei criteri per
sottoporle ad omologazione.
Ma veniamo ai giorni nostri: oggigiorno, un parapendio adatto a piloti
della domenica (standard) ha una efficienza di 1/7,5 mentre un prototipo
da gara raggiunge il valore di 1/11. Tutte le vele devono superare dei
rigorosi test di omologazione prime di venire immesse sul mercato, e
vengono classificate in base alla loro facilità di utilizzo.
Esistono così tre categorie principali di omologazione Europea: STANDARD,
PERFORMANCE e COMPETITION vi sono poi i prototipi da gara (come le formula
uno) che non sono soggetti ad omologazione.
La difficoltà di pilotaggio e di conseguenza l'esperienza richiesta al
pilota, cresce al variare della categoria, dove “standard” è quella
in cui viene garantito un comportamento della vela “a prova di
scimmia”. Va da sé, che al contrario di sport in cui l'attrezzo può
divenire oggetto di ostentazione e status symbol, nel parapendio questo
non può accadere perché le sue caratteristiche sono strettamente
correlate alla capacità del pilota.
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Per volare con il parapendio è
necessario frequentare un corso presso una scuola certificata dalla Ae.C.I
(AEROCLUB D’ ITALIA) ed aver conseguito il relativo attestato di volo.
Volare con un parapendio è facile, per questa ragione, alcuni possono
essere tentati di fare gli autodidatti, purtroppo è proprio dietro la sua
facilità di utilizzo e la sua sicurezza intrinseca che si annida il
pericolo; un pilota “fai-da-te” si espone stupidamente a tutti i
rischi che furono causa degli incidenti accaduti ai pionieri, la difficoltà
non sta nel decollare, volare ed atterrare, quanto, piuttosto, nel saper
valutare correttamente le condizioni aerologiche (direzione del vento,
turbolenza, evoluzione della meteo). Un pilota regolarmente brevettato,
conscio dei limiti del mezzo e dei propri, è assolutamente esente da ogni
rischio. In compenso si può concedere voli della durata di qualche ora
con passeggiate per i cieli di decine di chilometri; una vela moderna di
categoria “standard” ha, in pratica, le prestazioni di un prototipo di
3 anni fa con una sicurezza, appunto, “a prova di scimmia”; le
sensazioni per il pilota sono impagabili, molto simili a quelle che può
provare un alpinista.
Come per tutte le attività ludiche, anche con il parapendio si è
arrivati alle competizioni. Lasciate le gare di efficienza dei primordi o
quelle di atterraggio di precisione mutuate dal paracadutismo, oggi le
gare si sviluppano sul minor tempo impiegato a completare un percorso a
boe (come per le regate), una gara si sviluppa, generalmente, su una
distanza di 40-80 Km.
Il mondo dei piloti è estremamente variopinto, (un eccellente soggetto
per fotografi a caccia di immagini suggestive). Le evoluzioni acrobatiche
che questi top pilot compiono in aria sono emozionanti quanto quelle di un
ginnasta. Scordatevi il rombo dei motori, il parapendio è uno sport per
la mente.
Buon
divertimento !!!
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