Questo tipo di carrello, più semplice
strutturalmente e più leggero rispetto al carrello triciclo, normalmente
montato sui velivoli moderni, presenta notevoli differenze nella guida del
velivolo al suolo, specie durante la fase di atterraggio.
Per i motivi che adesso vedremo, infatti, il carrello classico è
instabile e richiede una notevole perizia per non incorrere in atterraggi
tipo quello riportato nella clip (dal film "La battaglia delle
Aquile" o "Aces High" con Malcom Mc Dowell, regia Jack Gold
- G.B. 1977) che durante la I guerra mondiale, data l'inesperienza dei
molti giovani piloti, causarono più vittime che non la caccia avversaria. |
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La prima differenza, e la più evidente, è che
non appena toccato terra con le ruote principali, un aereo con carrello
triciclo, avendo il baricentro davanti alle ruote principali, tende ad
abbassare il muso per posare il ruotino anteriore.
In questo modo diminuisce l'incidenza e quindi la portanza.
Come ben sappiamo, a questo punto non resta che far smaltire la velocità,
magari frenando senza troppi riguardi, e l'atterraggio è concluso.
Con il carrello classico, invece, una volta
posate le ruote principali, il baricentro arretrato farà posare a terra
la coda, ruotando il muso dell'aereo a cabrare e quindi aumentando
l'incidenza.
Il velivolo tenderà quindi a riprendere portanza e a risollevarsi da
terra, ridecollando con un assetto pericolosamente vicino allo stallo e
poca velocità. |
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Il pilota, in atterraggio ha due possibili
tecniche: atterrare su tre punti, facendo toccare contemporaneamente ruote
anteriori e ruotino posteriore ( o magari addirittura leggermente prima il
ruotino) e quindi tenendo la cloche alla pancia attendere che il velivolo
smaltisca velocità (i freni devono essere utilizzati con moltissimo
riguardo, non essendoci il ruotino anteriore ad impedire il ribaltamento
in avanti); oppure atterrare sulle ruote principali e spingere la cloche
in avanti quel tanto che basta a far "galleggiare" la coda sino
a che la velocità non diminuisce e quindi questa finalmente si posa
dolcemente. |
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Questo, però, non è l'unica differenza.
Ben più grave (e quel che è peggio è che i due effetti si sommano), è
l'instabilità longitudinale, propria di qualunque veicolo che abbia le
ruote sterzanti dietro il baricentro (ad esempio un'automobile in
retromarcia).
Sul carrello triciclo, una piccola perturbazione che faccia imbardare l'aereo (in verde), genera due forze a reazione:
- La forza d'inerzia, applicata sul baricentro (in blu, davanti alle
ruote principali) e diretta esternamente alla traiettoria.
- La reazione dei pneumatici, applicata sulle ruote (in rosso) e
diretta in senso opposto alla forza d'inerzia e quindi verso il centro
di rotazione.
Queste due forze generano una coppia stabilizzante (in blu) che tende a
riportare il veicolo sulla traiettoria originale.
L'effetto è ben noto, quando in auto o in moto, questa tende
naturalmente, senza sforzo da parte del pilota, a mantenere una
traiettoria rettilinea.
Il carrello classico, invece, si comporta in
modo ben diverso:
Le due forze, essendo disposte in modo differente (forza d'inerzia dietro
e reazione dei pneumatici davanti), generano un momento instabilizzante,
che tende cioè ad accentuare la virata.
Questo effetto si può sperimentare anche guidando l'auto: lasciando il volante in
retromarcia, questa tende a percorrere una traiettoria curva sempre più
stretta.
Come se non bastasse, il ruotino posteriore è molto meno efficace di
quello anteriore, pertanto il grosso del lavoro lo farà il timone di
direzione, che come ben sappiamo non sarà efficiente se non ad una certa
velocità.
In pratica questo vuol dire dover intervenire continuamente con la
pedaliera (che col carrello triciclo quasi non usiamo) per mantenere la
direzione e, soprattutto, che mentre con il triciclo l'atterraggio si può
dire concluso quando le ruote hanno toccato terra, con il ruotino
posteriore non avremo finito se non al parcheggio, dovendo mantenere alta
la concentrazione sino alla fine.
Questo "atteggiamento mentale", specie dopo un lungo volo in
aria turbolenta, potrebbe essere proprio quello che ci vien meno,
facendoci incorrere in errori che normalmente non faremmo. |
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Se a questo aggiungiamo il fatto di non poter utilizzare i freni (per
il motivo già esposto di non rischiare il ribaltamento), capiamo perché le
piste degli aerodromi durante la I guerra mondiale erano quasi più larghe
che lunghe, non essendo rari i casi di atterraggi (ma soprattutto decolli)
conclusi in direzione ben diversa dall'asse pista.
L'acrobazia, però, è fatta per piloti che devono avere una buona padronanza
del velivolo, e non sarà il dover atterrare con un po' più di attenzione che
ci deve spaventare.
Chi si vuole avvicinare a questa affascinante specialità del volo a
motore dovrà avere già una buona esperienza alle spalle, possibilmente
(come ben a questo punto si sarà capito) maturata (anche) su aerei a
carrello classico.
Una buona padronanza del "Tail Dragger" sarà indispensabile, ed
arrivare alla scuola di volo con questo tipo di esperienza ci eviterà di
perdere un sacco di tempo solo per fare la mano al ruotino posteriore, prima
di poter finalmente cominciare a fare capriole nel cielo.. |