Pfalz D.III |
La
Pfalz Flugzeug-Werke GmBH fu fondata nel 1913 a Speyer-am-Rhein dai tre
fratelli Everbusch.
Inizialmente la fabbrica lavorava costruendo aerei come i Morane
Saulnier H ed L su licenza.
All'inizio della guerra la Pfalz continuò a produrre i Morane, che
divennero "Pfalz-A" e "Pfalz-E", che volavano sul fronte meridionale
con gli squadroni bavaresi, e in seguito i Roland D.I, D.II e D.III..
Nel 1917, con un disegno che in larga parte si derivava dal Roland
DII, gli Everbusch realizzarono un biplano monoposto originale, lo
Pfalz D.III, equipaggiato con motore Mercedes D.III con cilindri in
linea da 160 hp.
Nel Settembre del 1917 il nuovo caccia venne distribuito ai reparti
di caccia. |
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Sottovalutato dal comando tedesco,
probabilmente a causa dei migliori rapporti che i prussiani Fokker
ed Albatros intrattenevano con gli alti ufficiali ed i politici (la
maggior parte degli ufficiali dello stato maggiore tedesco erano
prussiani, all'inizio della guerra tutti gli stati tedeschi si
riconobbero unificati sotto la Prussia, ad eccezione del regno di
Bavaria, rimasto autonomo; esistevano quindi uno stato maggiore
tedesco "Prussiano" ed un'altro "Bavarese", dipendente dal re di
Bavaria e con un proprio quartier generale, e tra i due ci furono
sempre attriti), il bavarese Pfalz D.III era un ottimo aeroplano,
dotato di buona agilità, robusto e con un ottimo campo visuale.
Lo stesso Von Richtofen lo apprezzava e diversi assi, tra cui Rudolph Berthold
e Franz
Freidrichs, lo preferirono ai modelli contemporanei di
Albatros e
Fokker.
Sviluppando quanto appreso nella costruzione dei robustissimi Roland,
i progettisti della Pfalz cercarono di migliorare il prodotto
badando soprattutto all'aerodinamica. |
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Per questo, ad esempio, le due mitragliatrici, sistemate ai lati
dei cilindri del motore che spuntavano dal profilo dell'aereo
disegnando la classica sagoma di tutti gli aerei tedeschi
equipaggiati con motori Mercedes, vennero inizialmente coperte da
una cofanatura che ne doveva diminuire l'effetto sul coefficiente di
resistenza. In compenso, come spesso accade, il prezzo di un esiguo
guadagno in prestazioni si pagava non potendo accedere direttamente
alla culatta della mitragliatrice, e quindi non potendo "disincepparla"
in volo; inoltre ciò rendeva più lento e laborioso, a terra, il
lavoro di manutenzione. Sui modelli successivi le mitragliatrici
vennero infatti sistemate in modo "classico" scoperte e facilmente
accessibili sul cofano.
Nel 1918 sul D.III fu montato il motore Mercedes D.IIIa, capace di
180 hp. L'evoluzione del D.III venne quindi siglata anch'essa D.IIIa. |
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Sul IIIa vennero inoltre modificati gli
equilibratori orizzontali, aumentandone la superficie. Come già
detto sul D.IIIa le mitragliatrici non furono più coperte dalla
cofanatura anteriore, vennero inoltre modificate le tip dell'ala
inferiore, arrotondate al probabile scopo di rendere meno facile
l'impuntarsi nel terreno nel caso (non infrequente) che durante un
atterraggio brusco queste venissero in contatto con il suolo. |
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Proprio in questo periodo, a causa del soverchiante numero di caccia
alleati, la tattica tedesca si era convertita al "colpisci (meglio
se puoi farlo evitando di avvicinarti troppo) e scappa". E per
questo tipo di azione lo Pfalz era il caccia ideale: stabile e
robusto come e meglio di quanto non lo fossero dall'altra parte
della barricata gli SPAD, poteva
lanciarsi in rapide picchiate senza soffrire della disastrosa
fragilità degli Albatros e sparare
da lontano potendo contare sull'ottima stabilità data dal motore in
linea, senza patire l'instabilità propria del più agile
Fokker Dr.1. |
Sintomatico fu che sino a quando, nel 1918 uno Pfalz D.IIIa non
atterrò intatto dietro le linee alleate, gli Pfalz venivano
riconosciuti dai francesi e dagli inglesi come degli Albatros D.VI.
Pur in questa sua anonimità, comunque, lo Pfalz non aveva rivali (tranne
forse l'SE.5A e poi lo
SPAD XIII).
La sua capacità di reggere "g" gli permetteva picchiate più veloci e
richiamate più strette, guadagnando rapidamente alla fine della manovra
più quota di quanto non potessero fare gli avversari. E come insegna
Boelcke, in aria la quota è un vantaggio prezioso, spesso incolmabile.
Nell'Agosto del 1918 gli Pfalz D.III e D.IIIa vennero rimpiazzati dal
Fokker D.VII e dallo Pfalz D.XII.
I caccia ancora utilizzabili vennero adoperati come addestratori.
Alla fine delle ostilità dei circa 600 caccia D.III costruiti dalla
Pfalz ne restavano in servizio 350. |
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Gli Pfalz |
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Quando la guerra cominciò c'erano
approssimativamente 60 Pfalz Parasol in costruzione.
Questi aerei erano l'esatta copia dei francesi Morane-Saulnier L
Parasol, monoplani.
Nota curiosa: gli Pfalz Parasol furono utilizzati il 31 Luglio1915
per bombardare le postazioni italiane prima che tra Germania e
Italia fosse formalmente dichiarata guerra. |
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Con la tecnica appresa costruendo i Roland D.II su
licenza, la Pfalz adottò la struttura a guscio in legno come
caratteristica per tutti si suoi progetti.
Il primo aereo costruito e progettato dai tecnici bavaresi fu il
D.III, equipaggiato con l'omonimo motore Mercedes da 160 hp era un
caccia con caratteristiche simili agli Albatros, ma più robusto.
Il motivo del suo minor successo va probabilmente da addebitarsi
agli attriti tra bavaresi e prussiani, che gli fecero preferire gli
Albatros. |
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Risolvendo il principale difetto del D.III che era
l'impossibilità di accedere alle mitragliatrici, coperte da un
cofano che doveva migliorarne l'aerodinamicità, e montando (quando
disponibile) il più potente Mercedes D.IIIa da 180 hp, la Pfalz
realizzò l'evoluzione del D.III, il D.IIIa.
Per aumentarne la possibilità di carico "sganciabile", e quindi di
escursione del baricentro, il D.IIIa aveva equilibratori orizzontali
più grandi del suo predecessore. |
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Un progetto fantastico fu lo Pfalz D.VIII.
Le sue potenzialità erano enormi, con prestazioni di salita
inarrivabili da tutti i suoi contemporanei.
Purtroppo la stessa fonte del suo possibile successo fu anche fonte
delle due disgrazie: il D.VIII utilizzava un motore
Siemens-Halske a cilindri controrotanti. Su questo avveniristico
motore sia l'elica che i cilindri ruotavano, in direzioni opposte,
permettendo una maggiore potenza ad un minore numero di giri (cosa
che significava un'elica quadripala e di diametro maggiore).
Purtroppo il lubrificante adoperato dai tedeschi non aveva la
qualità necessaria e ciò causò un'infinità di problemi al D.VIII
che, in pratica, non venne quasi utilizzato.
Uno dei pochissimi (40) D.VIII che raggiunsero il fronte fu pilotato
da Paul Baumer, dello Jasta Boelcke. |
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Lo Pfalz Dr.1 , derivato dal D.VIII, cui era stata
aggiunta una terza ala tra le due originali allo scopo di
migliorarne le prestazioni di salita, utilizzava ancora il
futuristico ma inaffidabile
Siemens-Halske Sh.III.
Il prototipo fi testato personalmente da
Manfred Von Richtofen nella gara di Adlershof nel Gennaio del
1918.
Solo una dozzina di questi caccia raggiunsero il fronte. |
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Contemporaneo e, in qualche aspetto, superiore al
Fokker D-VII, lo Pfalz D.XII
manteneva la tradizionale struttura a guscio ereditata dai Roland.
Più robusto del Fokker D.VII poteva raggiungere velocità più elevate
in picchiata, ma virava meno stretto.
Il grande difetto del D.XII era il carrello di atterraggio,
troppo fragile, che accoppiato ad una tendenza dell'aereo ad
imbardare in atterraggio lo rendeva piuttosto pericoloso per i
piloti inesperti.
Del D.XII furono realizzati 800 esemplari, molti dei quali vennero
poi usati dagli Alleati dopo la fine delle ostilità. |
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L'ultimo caccia Pfalz fu il D.XIVf.
Nessuno di questi però raggiunse le linee prima dell'Armistizio. |
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