Cerchiamo qui di descrivere le varie discipline di
arti marziali.
Vediamo come sono regolamentate, in cosa differiscono e, per quanto
possibile, una breve storia della loro diffusione.
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IN ALLESTIMENTO - |
Pugilato
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E' la disciplina più nota.
Più che una vera e propria arte marziale è oggi una disciplina
sportiva seguita da un pubblico vastissimo, con campionati
nazionali i mondiali divisi per categorie in base al peso. E' da
sempre disciplina olimpica.
Come tecnica di autodifesa incontra i suoi limiti proprio nella
struttura della disciplina sportiva.
Infatti sono moltissime le limitazioni imposte (non colpire
sotto la cintura, nessuna presa, colpire solo con i pugni e
quindi niente calci o gomiti) che ne fanno appunto la "nobile
arte", ma lo rendono poco pratico in caso di aggressione. |
Gli incontri di box sono divisi in
round (da 4 a 12 della durata di 3 minuti ciascuno),
intervallati da pause di un minuto. Nelle competizioni olimpiche
i round sono 3 o 4 della durata di 2 minuti. Alla fine di ogni
round vengono assegnati dei punti ai pugili in virtù dei pugni
andati a segno, della tecnica, e della disciplina dimostrata.
E'
il punteggio a determinare la vittoria di un incontro, salvo che
l'avversario non venga mandato al tappeto prima della
conclusione.
Non sono permessi pugni al di sotto della cintura,
dietro la schiena, nella nuca o nella parte posteriore della
testa.
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Karate |
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Il Karate, che in
questi ultimi anni ha raggiunto vertici di gran diffusione, è
una disciplina sportiva che viene dal Giappone.
Tuttavia, le sue origini non sono radicate nella storia antica
del vecchio regno di Yamato, come si potrebbe supporre, ma nel
substrato culturale dell'Asia, dove da sempre è esistito l'uso
di combattere corpo a corpo. E' stato accertato dagli studiosi
di arti marziali che il Karate trova le sue origini nel
Vàjramushiti, un metodo di lotta sviluppato nella casta militare
degli Kshatrya dell'antica India.
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In
molti testi esistono descrizioni di confronti di danza guerriera
a mano disarmata paragonabile al Karate.
In India nella casta degli aristocratici nasce l'uomo al quale
la leggenda attribuisce lo sviluppo dell'antico Karate:
Bodhidharma, noto ai giapponesi col nome di Daruma Tashisi
vissuto tra il V e il XVI secolo dopo Cristo. Kenkichi
Sakakibara (1830-1849) e Jigoro Kano, l'uno per l'arte della
spada e il secondo per il Judo, furono le personalità che per
prime in Giappone si fecero promotrici di questo definitivo
sviluppo delle arti marziali. Ebbero l'appoggio del governo che
introdusse nelle scuole questi nuovi sport. |
A Okinawa,
divenuta ormai in tutto giapponese, l'Okinawa-te era senz'altro
più popolare e seguita del Kendo e del Judo. I più forti
combattenti e i migliori maestri erano di queste isole. Tra di
questi, tre caposcuola assunsero il compito di divulgare il
Karate-Do in Giappone: Kenwa Mabuni per lo Shito-Ryu, Choiun
Miyagi per il Goju-Ryu e Gichin Funakoshi per lo Shotokan. Tra
il 1900 e il 1920 furono i viaggi di questi e altri maestri in
Giappone, per facilitare l'entrata ufficiale del Karate in
Giappone riconosciuta nel 1923, anno in cui Funakoshi decise di
restare sul suolo nipponico per diffondere il Karate. |
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La storia e l'evoluzione del karate
sono molto complesse. L'analisi della storia dell'isola di
Okinawa permette di comprendere come l'influenza cinese abbia
formato quest'arte e come poi si sia sviluppata sotto la
denominazione giapponese. L'arte marziale di Okinawa si è
sviluppata come un'arte tenuta segreta, che per lungo tempo è
stata il privilegio dei nobili prima di diffondersi ad altri
strati della società, pur restando appannaggio di un numero
ristretto di persone.
Nel secolo XV il re di Ryu-kyu, dopo aver elevato al rango di
nobili gli antichi capi locali, proibisce di portare armi.
Dopo aver invaso il paese, nel secolo XVII, i signori giapponesi
di Satsuma mantennero l'interdizione delle armi istituita dal re
di Ryu-kyu un secolo e mezzo prima e giunsero a stabilire
saldamente il loro dominio sull'isola. Integrato nel regime
feudale giapponese, il sistema gerarchico di Ryu-kyu diventò più
rigido. Venne stabilita una gerarchia interna che si
diversificherà ancora in seguito: nobiltà in tre gradi, vassalli
in due gradi, contadini in due gradi. L'arte del combattimento a
mano nuda praticata dalla nobiltà sembra aver avuto più che
altro il senso di una manifestazione simbolica del suo rango.
Tuttavia, nel corso dei secoli XVII e XVIII, i vassalli si
impoverirono e una parte di questi si orientò poco a poco verso
l'artigianato o il commercio, e infine verso l'agricoltura, per
sopravvivere. Si manifestò una mobilità sociale tra la classe
dei vassalli e quella dei contadini, malgrado la gerarchia
complessa e rigida esistente a Ryu-kyu. Possiamo pensare che,
con questa mobilità sociale, l'arte dei nobili a poco a poco
abbia penetrato gli altri strati sociali; lo testimonierebbe la
comparsa di termini come "mano (te) dei vassalli", "mano degli
artigiani", "mano dei contadini", avendo il termine "mano" (te)
il significato di arte o di tecnica.
In giapponese il termine bushi designava colui che apparteneva
all'ordine dei guerrieri (samurai). A Okinawa, dove la struttura
sociale era diversa questo termine assunse il significato di
adepto di te, qualunque fosse la propria appartenenza di classe;
di qui un certo numero di significati erronei
nell'interpretazione dello status sociale degli adepti. Il
termine shizoku designa in giapponese l'ordine dei guerrieri.
Quando però si dice che maestri di karate come
G. Funakoshi, A. Itosu,
S.B. Matsumura ecc... appartenevano allo shizoku, il senso e
differente. In effetti a Okinawa, dove non esisteva un
equivalente dell'ordine dei guerrieri giapponese, la cultura
dell'ordine più alto, la nobiltà, era diversa; e il termine
shizoku, introdotto dopo il secolo XVII, designava l'ordine dei
vassalli intermedi tra i nobili e i contadini. Poco per volta si
formarono nei vari strati sociali delle reti di trasmissione
esoterica dell'arte marziale. Questo dipendeva da una parte dal
fatto che, da lunga data, quest'arte marziale veniva praticata
segretamente nella cerchia ristretta dei nobili, dove era
concepita come il segno di un privilegio, e dall'altra dal fatto
che la dominazione di Satsuma controllava l'armamento della
popolazione.
L'arte cinese del combattimento ha avuto un ruolo
d'importanza primaria nella formazione del karate. Di fatto, il
karate non avrebbe preso questa forma senza il contatto con
l'arte cinese del combattimento, anche se fossero esistite già
da prima a Okinawa - cosa non certa - tecniche di combattimento
sufficientemente elaborate per servire da base alla creazione di
un'arte del combattimento. Dai documenti storici disponibili si
deduce che l'arte cinese del combattimento è stata introdotta a
Okinawa attraverso tre canali complementari:
http://www.karate.it |
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Judo |
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I judoka gareggiano divisi per categorie di
peso. Le combinazioni invece sono estratte a sorte. Tranne nella
semifinale, in tutte le altre fasi il judoka che perde viene
eliminato. I lottatori possono combattere anche 5 o 6 volte
nello stesso giorno. Prima dell'inizio dell'incontro, i judoka
sul tatami si salutano con un inchino, ripetono il saluto anche
prima dell'incontro vero e proprio e subito dopo, in segno di
rispetto e disciplina. Il combattimento si conclude al
realizzarsi di un ippon da parte di uno dei due judoka, o allo
scadere del tempo (5 minuti per gli uomini, 4 per le donne). In
questo secondo caso valgono i punti realizzati |
Questo sport è disputato su un
tappeto quadrato, con un abbigliamento tipico del Giappone
denominato Judogi che comprende una casacca e un pantalone di
tela con una cintura colorata legata in vita. Il colore della
cintura definisce l’abilità dei concorrenti. La caratteristica è
che il combattimento avviene a piedi nudi, e si aggiudica un
punto colui che riesce ad immobilizzare sul dorso l’avversario.
Le varie categorie di combattimento sono definite in base al
peso. |
Le categorie delle donne partono da fino a 48 Kg ed arrivano
a oltre 72 Kg.
- Fino a 60 Kg
- Fino a 65 Kg
- Fino a 71 Kg
- Fino a 78 Kg
- Fino a 86 Kg
- Fino a 95 Kg
- Categoria Open
www.nonsolofitness.it |
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Lotta libera |
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Gli incontri si disputano in più periodi da 2-3
minuti ciascuno, intervallati da pause di 30 secondi. Scopo della
competizione è "schienare" l'avversario. Ovvero fagli toccare il
suolo con la schiena ed immobilizzarlo per alcuni secondi. La
schienata determina la vittoria della gara. Prima dell'incontro
l'arbitro ispeziona i concorrenti che non devono essere cosparsi di
sostanze scivolose o collanti, e devono avere con se un fazzoletto.
La lotta greco-romana differisce dalla lotta libera perchè è fatto
divieto di usare attivamente le gambe nelle azioni, e consente solo
prese sopra i fianchi. |
La lotta è uno sport dei più antichi, praticato addirittura nelle
gare della Grecia antica. Molti lo definiscono uno sport aggressivo,
ma nonostante ciò è molto frequentato e suscita sempre molto
scalpore. La gara di lotta libera consente ogni tipo di presa
servendosi anche degli arti inferiori. Le gare sono molto veloci e
vince chi riesce a trattenere il proprio avversario al suolo per
almeno due secondi.
Le categorie della lotta libera sono:
- Pesi Minimosca
- Pesi Mosca
- Pesi Gallo
- Pesi Piuma
- Pesi Leggeri
- Pesi Welter
- Pesi Medi
- Pesi Medio – Massimi
- Pesi Massimi
- Pesi supermassimi
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Kung Fu |
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Intorno al 500
dopo Cristo in Cina furono costruiti numerosi templi buddisti:
uno di questi era lo Shaolin Szu (tempio della giovane foresta)
che fu costruito sulle pendici del monte Sung.
In questo periodo arrivò al tempio il famoso monaco Ta Mo (Bodhidarma,
ventottesimo patriarca del buddismo), proveniente dall'India
nonché fondatore della scuola Ch'an (dal sanscrito meditazione).
Il monaco ebbe una grande influenza sulle Arti Marziali: secondo
lui la meditazione era la via per l'illuminazione (Zen in
giapponese), da trasformare in un mezzo di perfezionamento
spirituale.
Bodhidarma creò degli esercizi provenienti da tecniche yoga e
furono descritti in due trattati:
-I Chin Ching (trattato sul movimento dei tendini)
-Hsi Sui Ching(trattato sul lavaggio del midollo osseo)
Creò inoltre anche un'altra serie di esercizi: "Le 18 mani di
Buddha". |
Questi esercizi erano vere e
proprie tecniche a mani nude e rappresentano il nucleo delle
tecniche dello stile Shaolin.
Da allora i monaci di questo tempio iniziarono a praticare le
Arti Marziali, cosa che giovò ai monaci che vivevano in posti
isolati pieni di briganti.
Anni di duri allenamenti e privi di ogni tentazione
trasformarono i monaci in formidabili combattenti, sia nel
fisico che nello spirito.
Gli ultimi tre secoli del primo millennio sono considerati l'era
d'oro della cavalleria: le Arti Marziali divennero popolari e
raggiunsero un livello tecnico elevato.
Nella dinastia T'ang furono inventate le forme morbide (Mien Ch'uan
"pugno di cotone") che diedero origine agli stili interni.
La dinastia Sung passò alla storia come un periodo florido ma
segnato da una grande crisi politica e militare.
L'opera dei grandi maestri perfezionarono sempre più le tecniche
e resero famoso il nome Shaolin.
Persino l'imperatore Chao K'uang Yin (soprannominato T'ai Tzu)
creò lo stile T'ai Tzu Ch'ang Ch'uan, ancora oggi sinonimo di
Shaolin.
In questo periodo visse Yueh Fei un altro grande maestro abile
nel uso della lancia, famoso per aver creato Pa Tuan Chin otto
esercizi di ginnastica praticati ancora oggi dai praticanti di
kung fu.
Creò inoltre lo stile Yueh Chia Ch'uan, caratterizzato da
tecniche veloci e potenti, praticato nel Nord. Nel Sud lo stesso
stile venne modificato e prese il nome di Yueh Chia In Ch'ao
(artigli dell'aquila di Yueh).
Durante questa dinastia si sviluppò anche il Mi Tsung-i Ch'uan
(pugilato dell'arte di far perdere le tracce), caratterizzato da
tecniche circolari, rapide e con cambi di direzione
imprevedibili.
Alla fine del 1200 la Cina fu invasa dai Mongoli e al trono fu
messa la dinastia Yuan, sotto la quale Marco Polo fece il suo
famosissimo viaggio.
In questo periodo visse Chang San Feng, famoso monaco creatore
del T'ai Chi Ch'uan (pugilato del polo supremo).
Questo è il più famoso stile interno, caratterizzato da
tecniche morbide, movimenti fluidi e circolari, usato per far
apprendere il fluire delle energie interiori.
Durante la dinastia Ming fu creato il Pa Chi Ch'uan (pugilato
delle otto direzioni) caratterizzato da attacchi e spostamenti
rettilinei, mentre il maestro Pai Chin Tou creava lo stile Mei
Hua Ch'uan (pugilato del fiore di prugna, che è il simbolo della
Cina e dello Shaolin).
Intorno al 1500 il maestro Chueh Yuan convinto che fosse
necessario rinnovare il sistema riordinò lo Shaolin in 72
tecniche fondamentali, ma non convinto di quello che aveva fatto
si mise in viaggio per la Cina alla ricerca di maestri.
Secondo una leggenda incontrò Li Sou che a sua volta gli
presentò PaiYu Feng. Il monaco li convinse a seguirlo al
monastero ed insieme misero a punto il nuovo sistema diviso in
170 tecniche e 5 forme basate sugli atteggiamenti di 5 animali:
tigre, drago, gru, serpente e leopardo.
Nello stesso periodo lo Shaolin fu esportato nell'isola di
Okinawa dando origine al Karatè. |
Nel 1640
scoppiò una rivolta che fece cadere l'ultimo imperatore Ming:
le tribù mancesi ne approfittarono subito, dando origine
all'ultima dinastia, i Ch'ing.
Il tempio era un centro di resistenza: i monaci non
perdevano occasione per battersi contro i nemici, mentre un
maestro si recò in Giappone per chiedere aiuto.
I giapponesi non si imbarcarono, anzi convinsero il maestro
a restare ed insegnare loro le sue tecniche, contribuendo
alla creazione del Ju Jitsu.
Questa decisione costò cara al tempio perché nel frattempo
in Cina l'esercito marciò verso il tempio e dopo una
sanguinosa battaglia riuscì a conquistarlo e a distruggerlo. |
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I maestri che
riuscirono a fuggire si sparsero per tutta la Cina, dando
origine a numerose scuole i cui allenamenti venivano fatti in
segreto e molte volte di notte e gli allievi dovevano essere
fidati e potevano essere ammessi solo quelli che avevano
superato prove difficilissime: Shaolin era diventato sinonimo di
nemico dell'impero.
Nel 1900 ci fu la rivolta dei boxer contro gli occidentali,
chiamati così perché i capi praticavano lo shaolin ed facevano
parte della setta segreta dei Pugni Armoniosi che finì nel 1911
con la caduta l'ultima dinastia.
Tra il '20 e il '30 promossero le Arti Marziali fra la
popolazione e il famoso maestro Yang Ch'eng Fu propagandò il
T'ai Chi Ch'uan in tutta la Cina. |
La storia del Kung
Fu è vecchia di molti secoli ed ebbe inizio circa nel 2500 a.C.
quando in Cina regnava la dinastia
Xia
e vi era
l'imperatore giallo
Huang Ti.
Con lui si sviluppa l'agricoltura, la medicina e si ha la prima
esperienza di lotta organizzata.
L'imperatore aveva un medico personale chiamato
Chi Po
(oppure Quiba),
che ha scritto il primo trattato di medicina dove si parla già
di ginnastica interna e agopuntura.
Il primo metodo di combattimento è stato il
Go Ti,
dove si affrontavano due uomini, uno armato con una maschera di
demone con corna (usate come armi) e l'altro rimaneva a mani
nude.
Il fondatore del Go Ti è stato un generale dell'esercito
Chin Yu
Shu che
ancora oggi è ricordato.
Si arriva così alla dinastia
Han
che regnò dal 206
al 220 d.C. e proprio in questo periodo ci sarà un forte
sviluppo delle arti marziali. Nasce il
Chan Chan Shou
("mano lunga")
inventato da
Kwook Tee,
di conseguenza si abbandona il corpo a corpo per studiare la
scherma.
Sono da ricordare i maestri
Hua To
e
Yun Chun.
Hua To inventa lo stile degli animali e l'anestesia
nell'agopuntura,fu un personaggio particolare in quanto faceva
operazioni chirurgiche che a quel tempo erano vietate in quanto
il corpo era ritenuto inviolabile. Hua To morì nel 30
a.c.
Yun Chun inventa gli esercizi interni del
Tao Yn,
che erano lo: stirarsi dell'orso e il volo dell'uccello.
Nel 520 d.C. troviamo
Ta Mo
(Bodhidarma o
Daruma) ritenuto il padre del Kung Fu. Egli era figlio del
principe indiano Suganda che fece istruire Ta Mo
con la filosofia, la religione e le arti da combattimento dal
maestro Praynatra. In questo periodo il Buddismo si
divide in due rami: Mahayana e Inayana. In Cina il
Buddismo Inayana è quello che si sviluppò più facilmente,
mentre quello Mahayana viene portato da Ta Mo e si
trasformerà in Dyana (Buddismo del Diamante). Nel suo
viaggio Ta Mo arriva al monastero di Shaolin dove trova
dei monaci indeboliti dal troppo pregare, così inizia ad
insegnargli la ginnastica basata sugli animali che comprendeva
circa 18/24 esercizi chiamati
Ching Ching Ta Mo.
Con la pratica e la
costanza i monaci si trasformeranno in monaci-guerrieri che
diventano una leggenda e perfino l'imperatore li chiamava per
risolvere casi di estrema gravità.
A Shaolin ogni monaco studiava un animale diverso, ma nel 1500 si
unificarono i vari stili Shaolin grazie a
Chuea Yuan
aiutato dal monaco
taoista
Li Chen
e dal maestro di
Kung Fu
Pa Yu Feng,
quest'ultimi estranei al monastero. Vennero unificati così i
cinque stili fondamentali:
tigre,
serpente,
leopardo,
gru
e
drago.
Dall'840 all'846, durante la dinastia Ming c'è la persecuzione
del Buddismo e furono distrutti 4500 monasteri. Dal 1550 inizia
l'invasione dal Nord con i
Manchu
(Mongoli), così per
ragioni difensive l'accesso al monastero, prima infatti era
difficilissimo entrarvi e se si fosse riusciti in tale intento,
potevano passare anni prima che all'allievo fosse insegnato il
Kung Fu, ed ancor più difficile era uscire dal monastero in
quanto bisognava superare prove difficilissime; fino ad arrivare
a quella che avrebbe lasciato al monaco il segno indelebile di
Shaolin sugli avambracci; questa prova consisteva nel
trasportare un braciere di 100 Kg. per molti metri cosicché
sarebbero rimasti impressi la tigre e il drago sugli avambracci.
A causa della flessibilità maggiore entrò una spia che portò
alla distruzione del monastero nel 1642/44 perché riuscì ad
aprire, in una notte, il monastero da dentro.
Solamente sette monaci riuscirono a scappare continuando il loro
lavoro di studio. I cinesi volevano riportare al potere la
dinastia Ming e per questo motivo formarono delle sette segrete
come la tigre nera, il loto bianco, la triade,... dove erano
presenti i più grandi maestri di Kung Fu.
Dal 1800 le scuole di Kung Fu furono vietate e solo dopo la
seconda guerra mondiale le riaprirono. |
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Full Contact
o
Kick Boxing |
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La Storia
La Kick Boxing fa parte della schiera delle discipline sportive
tecnicamente ispirate alle arti marziali orientali adeguandone
lo stile per fini agonistici. Tra le tante, è senza dubbio, la
più popolare. Ne esistono due tipi: il primo nasce in Giappone
negli anni Sessanta e si diffonde negli U.S.A. come " Jappanase
Kick Boxing"; il secondo, di cui il Full Contact (nato il 14
settembre del 1974 negli U.S.A.) è il progenitore, racchiude tre
discipline: il Semi contact, il Light Contact ed il Full Contact
(queste tre discipline si differenziano per la durata degli
incontri e l'intensità dei colpi). L'arrivo dell'autentica Kick
boxing in Italia è relativamente recente, ma promette di
ricalcare il grande successo che attualmente riscuote negli
U.S.A. dove viene praticata anche da moltissime donne: ne sono
affascinanti "testimonials" le attrici Michelle Pfeiffer e Jody
Foster. |
La Tecnica
Le tecniche fondamentali della Kick boxing si basano su calci,
pugni e spazzate. Sono sistemi di combattimento totali anche se
non hanno le prese corpo a corpo. In generale risultano essere
efficaci sistemi per la difesa personale, soprattutto per chi
non ha tempo e pazienza di imparare un'arte marziale con tutti i
suoi contenuti storici, filosofici e culturali.
Bambini, uomini e donne indistintamente, perchè gli
allenamenti si basano innanzitutto su un'attenta preparazione
fisica, con particolare riguardo al riscaldamento ed alla
tecnica libera per un maggiore sviluppo dell'equilibrio
dell'agilità e velocità di esecuzione dei colpi. Lo sbocco
naturale è l'agonismo, ma può essere praticato anche
semplicemente come sistema di difesa personale. |
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Il termine "KICKBOXING" (letteralmente "Tirare
di calcio e di pugno") nasce negli USA ufficialmente nel 1974
con il nome di "FULL CONTACT KARATE". Per l’esattezza, era il 14
settembre 1974 quando nella Los Angeles Cow Sports Arena venne
presentato il primo Campionato del Mondo Professionistico che si
disputò tra un pugno di americani e pochi europei. Nel 1976, le
stesse persone che a Los Angeles avevano promosso il primo
Mondiale Pro, fondarono la WORLD ASSOCIATION OF ALL STYLE KARATE
ORGANIZATIONS (Wako). Nel 1978 si tennero a Berlino i primi veri
e propri Campionati del Mondo, seguiti da quelli di Tampa
(Florida) nel 1979 e da quella data ininterrottamente ogni due
anni. Nel 1980, a causa del successo che il Full Contact Karate
incontrò in Europa, nacquero dei contrasti con le federazioni di
Karate esistenti e per evitare problemi politico-sportivi, la
WAKO decise di lasciar cadere l’uso della parola Karate
associata a Full Contact e nacque così il termine di Kickboxing
che immediatamente dava l’idea di cosa i praticanti stessero
facendo: tirare di calcio e di pugno. Pertanto la sigla
internazionale WAKO rimase ma con la dicitura di WORLD
ASSOCIATION OF KICKBOXING ORGANIZATIONS. |
Siamo orgogliosi comunque di
sottolineare subito che l’attuale presidente della federazione
italiana Ennio Falsoni non solo è il presidente della Wako dal
1984, ma egli è il naturale successore degli ideatori, degli
inventori di questa disciplina che ormai è dilagata nel mondo ed
è praticata da milioni di persone. La Wako consta oggi ben 76
paesi Affiliati.
Per tornare alla nostra storia sintetica, un altro motivo per
cui si lasciò cadere l’uso della parola karate allora, era che
nel frattempo accanto al full contact, la kickboxing aveva
adottato delle altre formule sportive che si chiamano Semi
Contact e Light Contact. Quindi la parola Kickboxing assume un
termine generico, come una corolla dalla quale si diramano tutte
le varie specialità: Semi Contact, Light Contact, Full Contact,
Low Kick, Forme Musicali, Thai Kickboxing e Aerobic Kickboxing
sono le specialità praticate oggigiorno. |
I bambini apprendono le nozioni fondamentali
della disciplina divertendosi nello stesso tempo. La lezione è
un'occasione di sfogo per loro; riescono a scaricare gli
eventuali piccoli stress della vita di ogni giorno e a vincere
la paura e la timidezza, che li caratterizza. Riguardo le donne
che dire ... hanno riscoperto la capacità di ribellarsi e di
evadere dalle fatiche quotidiane. Loro dicono: "Ci sentiamo più
sicure ... abbiamo più fiducia in noi stesse! " Che dire ?!!
Vita dura per i maschetti !!! |
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Savate |
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L'origine
della Savate viene fatta risalire al parigino Michel Casseux
(detto "Pisseau"): nato nel 1794, studiò le discipline di
combattimento allora praticate in Francia, semplificandone
alcune parti per agevolarne l'apprendimento. Nonostante il
successo ottenuto, morì in miseria e la sua opera continuò
attraverso un suo allievo, Charles Lecour.
Lecour perse un confronto contro un campione di pugilato inglese
e questo gli fece capire qual era il punto debole della savate:
la tecnica delle mani era rimasta fino ad allora poco
sviluppata, per cui decise di recarsi recarsi in Inghilterra con
lo scopo di studiare il pugilato inglese (che, come nella
versione moderna, comprendeva solo colpi di pugno); studiò con
il maestro Swift e in seguito, ritornato in Francia, potè
integrare i due metodi appresi in un insieme armonico. |
Ancora oggi, nella tecnica pugilistica della savate, risulta
netta l'influenza del pugilato inglese.
Charles
Lecour e suo fratello Hubert si impegnarono nell'opera di
diffusione della disciplina, tenendo numerose dimostrazioni e
ottenendo un buon successo; la savate divenne molto popolare al
punto che anche alcuni famosi letterati francesi, come Jules
Valles, Alexandre Dumas (padre) e Theophile Gautier diedero
spazio alla boxe francese nei loro scritti e alcuni di loro si
vantarono anche di essere buoni conoscitori della tecnica,
Contemporaneamente ai fratelli Lecour vissero altri importanti
personaggi, come Charles Ducros e Louis Lebucher. Più tardi si
inserì la figura di Luis Vigneron, nato a Parigi nel 1827, un
gigante di 198 cm per 100 kg di peso. Egli imparò la boxe
francese a partire dal 1848 prendendo lezioni nel retrobottega
di un mercante di vini, di nome Guerineau. Divenne presto famoso
per la sua forza e la sua violenza, imbattibile nei
combattimenti sportivi e nelle risse da strada: numerosi i suoi
successi contro e pugili d'oltremanica. Tra i suoi successi, i
più importanti furono quelli contro Michel Arpin (detto "il
terribile savoiardo") e contro il pugile inglese Dickson, nel
1854. Per la sua mole, Vigneron divenne un fenomeno da baraccone
(un parallelo che mi ricorda il pugile friulano Carnera) e perse
la vita nel 1871 proprio nel corso di una delle sue esibizioni,
schiacciato da un cannone di 305 kg che aveva tentato di
sollevare.
Nel 1839
nacque a Parigi Joseph Pierre Charlemont; allievo di Vigneron,
iniziò la pratica sin dalla più giovane età tanto che a 22 anni
era già maestro d'armi; oltre che al combattimento a mani nude,
eccelleva nell'uso della spada, della canne e del baton.
Costretto a rifugiarsi in Belgio, continuò la pratica e diffuse
con buon successo la boxe francese anche in questa regione.
Durante questo periodo, pubblicò il primo scritto tecnico
relativo alla Boxe Francese, creando il "Metodo Charlemont".
Ritornato in Francia nel 1879, fondò la sua accademia che per
numerosi anni fu considerata il tempio della Boxe Francese.
Dalla sua scuola uscirono diversi elementi di spicco tra i quali
il figlio Charles, che nel 1883 subentrò al padre nella
conduzione della palestra. La sua fama superò presto quella del
padre, tanto da essere più volte invitato anche all'estero per
stages e dimostrazioni. Sostenne e vinse molti incontri contri i
rivali di sempre, i pugili inglesi, vincendo a Londra nel 1887 i
giochi della Regina Vittoria.
In seguito fu sfidato dal campione di pugilato Jerry Driscoll,
inglese, che voleva dimostrare come il pugilato inglese fosse lo
sport da combattimento più efficace. Il confronto ebbe luogo a
Parigi e terminò all'ottavo round, ancora con la vittoria del
francese.
Vinse anche contro Michel Ginoux, nel 1896, considerato come
l'ultimo grande esponente dello chausson francese.
Nonostante i
successi ottenuti da questi grandi atleti, la savate entrò in
una fase di declino proprio nel momento in cui aveva ottenuto
una notevole popolarità: infatti anche la nobiltà cominciò a
praticarla ma modificandone la natura e trasformanda in una
sorta di danza (certo una disciplina così dura con colpi a
contatto pieno non era alla portata di tutti e probabilmente
ancora di meno a nobili dalla "pelle fina", i quali non avevano
certo bisogno di far risse per guadagnarsi da vivere).
Per fermare questo processo di declino, nel 1903 la "Federazione
Francese delle Società di Boxe Inglese" (Federation Francaise
des societes de Boxe) tentò di unire sotto un'unica bandiera le
due boxe contendenti, savate e boxe inglese (che nel frattempo
si era diffusa largamente, anche grazie al giro di scommesse),
ma Charles Charlemont rifiutò tale proposta.
Una nuova
spinta venne dalla presentazione come sport dimostrativo alle
Olimpiadi di Parigi nel 1924, e dall'organizzazione, nel 1937,
del primo campionato di Francia. Questi eventi però non
riuscirono a rilanciare la disciplina e l'avvento della seconda
guerra mondiale fermò forzatamente l'opera di diffusione.
Alla fine della guerra, il conte Pierre Barozzi (detto Baruzy),
di origini veneziane, allievo di Charles Charlemont, contribuì
al rilancio della disciplina diventando presidente della
commissione di Boxe Francese. Grazie a personaggi come Bernard
Plaisait e Marc Kunstlè e all'opera di appassionati e
praticanti, oggi la boxe francese savate è largamente conosciuta
e praticata, sia a livello dilettantistico che professionistico,
anche al di fuori della Francia.
Appunti tecnici
La tecnica
pugilistica si rifà, come già detto, a quella del pugilato
inglese: diretti, ganci, montanti e swing sono i colpi
principali. I contendenti indossano dei guantoni simili a quelli
utilizzati nella boxe, ma con un'imbottitura che garantisce
maggior protezione.
La savate si distingue dagli altri sport da combattimento
similari (kickboxing, thai boxing) anche per il fatto che i
pugili indossano, oltre ad una divisa caratteristica
(l'accademia), un paio di scarpette, che devono essere liscie e
non presentare asperità che possano ferire l'avversario; la
scarpetta è inoltre l'unica parte valida utilizzabile nelle
tecniche di calcio (mentre nella kickboxing e thai boxing è
possibile anche colpire con la tibia o con il ginocchio) e
questi accorgimenti ne differenziano la tecnica. Tra le tecniche
di calcio più utilizzate ci sono il colpo di piede basso
(chiamato anche "Charlemont"), il fouetté (calcio circolare), il
chassé frontale (calcio frontale "a spinta"), il chassé laterale
(calcio laterale), il revers e il revers de face. Alcuni calci
si possono eseguire in rotazione (tournant) e in salto, ma data
la difficoltà d'esecuzione il loro uso non è molto frequente.
E' permesso colpire su tutta l'altezza dell'avversario, alle
gambe, al corpo e al viso. |
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Tae Kwon Do |
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Il combattimento (kyoruky) si disputa fra atleti di
uguale categoria di peso, con lo scopo di realizzare il maggior
numero di punti colpendo l'avversario in specifiche zone del corpo,
durante i 3 tempi dell'incontro. Gli accoppiamenti degli atleti
vengono determinati dal sorteggio. Colpi non consentiti possono
portare ad una detrazione di punti. In caso di parità, la vittoria è
stabilita dall'arbitro in virtù delle qualità tecniche dimostrate. |
Le origini del Taekwondo si fanno risalire a circa 2000 anni fa,
quando l' attuale Corea era divisa in tre regni.
Il più piccolo di
essi, Silla, sviluppò e perfezionò un sistema di difesa e attacco
che contribuì molto alle vicende storico militari del regno. Anche
negli altri regni si diffusero man mano diversi sistemi di
combattimento di cui restano ampie tracce in affreschi e pitture
murali rinvenute nelle tombe risalenti ai primi secoli dopo Cristo.
Dopo l'unificazione in un solo regno, l'arte del combattimento, che
nelle diverse epoche assunse diversi nomi (SUBAK, TAEKKYON,
HWARANGDO e altro ancora), si perfezionò e si diffuse tra la
popolazione, diventando molto popolare tra gli usi e costumi locali
e nell'addestramento militare. Sotto l'occupazione giapponese questa
arte subì un momentaneo appannamento per il predominio e
l'imposizione della cultura del Giappone, ma dopo la liberazione le
diverse scuole di combattimento ripresero vigore e negli anni
cinquanta si unificarono prendendo il nome definitivo di Taekwondo.
Il taekwondo divenne Sport Nazionale (fu inserito nei Giochi
Nazionali Coreani fin dall'inizio del 1960) e contemporaneamente
iniziò a diffondersi nel mondo, distinguendosi dalle altre
discipline per la particolare efficacia, dinamismo e spettacolarità
delle sue tecniche di gamba (calci
circolari ed in volo, calci multipli). Taekwondo (si pronuncia:
Tecondò) - dal coreano Tae "colpire col piede, kwon "pugno" e do
"arte". Metodo di combattimento di antica origine coreana. Praticato
sin dal 1° sec. A.C. come arte marziale, il Taekwondo si è affermato
come disciplina sportiva di combattimento nella seconda metà del
sec. 20°, distinguendosi dagli altri sport marziali per la
particolare efficacia, dinamismo e
spettacolarità delle sue tecniche di gamba. Diffuso in tutti i
continenti (160 le nazioni affiliate alla World T. Federation, 46 in
Europa, 50 milioni i praticanti), il Taekwondo è stato ammesso
inizialmente come sport dimostrativo ai Giochi
Olimpici di Seoul 1988 e Barcellona 1992, per poi essere
inserito come sport olimpico ufficiale dalle Olimpiadi
di Sidney 2000. Gli atleti, divisi per sesso, età e categorie di
peso (otto), indossano la tradizionale divisa bianca (dobok) con
cintura, sono muniti di protezioni (casco e corpetto) e si
affrontano su un quadrato di 12m x 12m. I colpi validi per il
punteggio possono essere
diretti solo sul tronco o al volto dell'avversario usando il
piede; usando il pugno il solo bersaglio valido è il tronco. Il
combattimento, della durata di tre riprese di tre minuti ciascuna
con 60" di intervallo, è diretto da un arbitro centrale coadiuvato
da tre giudici d'angolo. Dai punti validi si sottraggono le
eventuali penalizzazioni per tecniche proibite (spingere, colpire il
viso col pugno, colpire col ginocchio, atterrare l'avversario ecc.).
L'incontro di Taekwondo, oltre che con la vittoria ai punti, può
concludersi per abbandono, squalifica, k.o., intervento arbitrale.
Per ulteriori approfondimenti consultare il sito
http://www.taekwondowtf.it. |
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Aikido |
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A Tanabe, il 14
dicembre del 1883, nacque Ueshiba Morihei. Fin dall'infanzia
inizió lo studio dei classici cinesi sotto la guida di un prete
della setta shingon, Fujimoto Mitsujo,
mentre apprendeva direttamente dalla viva voce della madre le
leggende del monte Kumano. Pur discendente da una famiglia di
gente vigorosa, la sua costituzione era fragile e tale rimase
nel corso di tutta la sua vita, ma una forza di volontà
indomabile e un'applicazione costante gli permisero di superare
ogni ostacolo.
Per contrastare la sua fragilità e le sue tendenze mistiche, il
padre lo inizió all'arte del sumo e lo incoraggió a
praticare altre arti marziali. |
Dotato di prodigiosa memoria e di grande facilità di calcolo,
studió da contabile e si trasferí a Tokyo nel 1902 dove
approfondí lo studio delle arti marziali, probabilmente
impressionato dall'aggressione che suo padre dovette subire ad
opera di un gruppo di briganti. Praticó il jujutsu delle scuola
Tenshin Shin'yo e Yagyu-ryu e probabilmente la
scuola di spada Shingake-ryu. Ma una grave malattia lo
obbligó a tornare a Tanabe, dove si sposó con Hatsu Itokawa. Nel
1903 era stato riformato dalla leva militare a causa della
statura insufficiente, per un solo centimetro (misurava 1,56).
Deciso a non rassegnarsi, si fece sospendere a degli alberi con
grossi pesi alle caviglie, in modo da allungare la colonna
vertebrale. Venne accettato ad una seconda visita e partecipó
alla guerra con la Russia, da cui tornó con il grado di sergente
ed una fama di grande abilità nel maneggio della baionetta (jukendo).
Si era guadagnato anche il nomignolo di tetsujin, uomo di
ferro, e pesava oltre 80 chili; aveva seguito mentre era
distaccato a Nakay gli insegnamenti di Yagyu Ryu del maestro
Masakatsu Nakai, che continuó a frequentare anche negli anni
seguenti (aveva ricevuto nel 1908 il diploma di insegnante)
Dopo il suo ritorno a casa il granaio della casa paterna
venne trasformato in dojo, e fu lí che Ueshiba seguí gli
insegnamenti del maestro di judo Kiyoichi Takagi e quelli del
politico Kumakusu Minakata, del quale condivise l'opposizione al
degrado ecologico e morale della regione in nome del
progresso. Rendendosi conto che la situazione della regione
era in ogni caso degradata, trattandosi di una zona montagnosa
materialmente povera che viveva dei soli proventi della pesca
artigianale, e non autorizzava grandi prospettive, aderí
all'appello del governo giapponese per colonizzare l'isola di
Hokkaido. Si trasferí nel 1912 nel villaggio di Shirataki in
Hokkaido profondendo tutte le sue energie fisiche e morali nello
sviluppo della colonia, soprattutto dopo un incendio che nel
1916 aveva distrutto quasi completamente il villaggio; si
calcola che abbia abbattuto da solo in un anno 500 enormi
alberi. Organizzava tornei di sumo e jukendo per tenere alto il
morale, praticava esercizi di purificazione nelle acque gelide
dei torrenti, e trovava anche il tempo di lottare contro i
briganti che infestavano la zona. Fu ad Hokkaido che fece
conoscenza col maestro Takeda Sokaku, della scuola Daito-Ryu,
anche lui stabilitosi sull'isola. Fu indubbiamente l'esperienza
che lo segnó maggiormante dal punto di vista tecnico. Seguí
intensamente gli insegnamenti di Takeda, lo accompagnó spesso
nei suoi viaggi e lo ospitó nella sua dimora. Ma sul finire del
1919 una grave malattia del padre costrinse Ueshiba a lasciare
l'Hokkaido, in cui non avrebbe piú rimesso piede. Lasciando la
sua casa a Takeda Sokaku, si mise in viaggio. Si fermó per
strada a Ayabe, per fare la conoscenza del mistico Onisaburo
Deguchi, che destó in lui un'impressione incancellabile. Durante
una sessione di preghiera, l'ombra di suo padre apparve a
Ueshiba, che ne rimase scosso. Deguchi si diresse verso di lui
chiedendogli cosa avesse. Ueshiba rispose che era preoccupato
per suo padre, e Deguchi gli rispose semplicemente "Tuo padre
sta bene. Lascialo partire.".Il padre morí prima che Ueshiba
facesse ritorno a Tanabe, lasciandoli un messaggio postumo: "Sii
libero, vivi come vuoi realmente". Profondamente prostrato,
Ueshiba partí con la sua spada in direzione delle montagne, dove
per giorni interi si aggiró come una furia, combattendo contro
le ombre. Al suo ritorno decise di abbandonare la casa paterna
per trasferirsi nella comunità Omoto-kyo di Ayabe, dove aprí un
dojo divenendo definitivamente, all'età di 36 anni, un maestro
di arti marziali. Durante il primo terribile anno Ueshiba perse
per malattia i suoi due figli maschi e Deguchi venne arrestato
dal governo per attività sovversiva, per essere rilasciato dopo
quattro mesi. Nel 1921 la nascita di un nuovo figlio, Kisshomaru
Ueshiba, diede il segnale di una svolta verso tempi migliori.
Ueshiba condivise da allora per diversi anni gli ideali e le
avventure di Deguchi, compreso l'idealistico quanto irrealistico
tentativo di fondare in Manciuria una nuova comunità universale.
Successivamente |
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Tai Chi Chuan |
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Le
origini del Tai Chi Chuan si perdono nei secoli di tradizione
delle arti marziali cinesi. Infatti, sebbene la sua
schematizzazione pratica è relativamente recente, i principi a
cui si ispira provengono dalla preistoria cinese.
Le arti marziali da cui trasse origine sono molto probabilmente
le tecniche morbide del tempio buddista di Shaolin e soprattutto
quello taoista di Wudang. Perfino la figura del presunto
fondatore CHANG SAN FENG (da traduzione letteraria: Chang tre
Cime, nome tratto dalla catena montuosa su cui sorgeva il
monastero di Wudang) potrebbe essere attribuita a vari
personaggi storici tutti taoisti, che vissero tra il IX ed il
XVI secolo d.C., cioè fra le dinastie SUNG e MING. |
Anche sulla
creazione dello stile le leggende sono molte. In una di queste,
il Maestro Taoista, lo elaborò dopo avere assistito all'attacco
di una Gru ad un Serpente, il quale sfuggiva utilizzando
movimenti circolari, lenti e continui, e contrattaccando con
rapidità fulminea. In un'altra leggenda, Chang San Feng, lo
avrebbe imparato in sogno.
Esiste anche la possibilità che successivamente i praticanti di
Tai Chi volessero nobilitarne l'origine attribuendola ad un
leggendario Maestro Taoista. Le uniche notizie storiche
documentate risalgono ai primi decenni del 1800, quando il Tai
Chi era insegnato solo ai membri della Famiglia CHEN, che viveva
in un villaggio chiamato CHEN JIA GOU nella Provincia di HONNAN.
Capostipite di questa famiglia era CHEN WANG TING.
Se la situazione fosse rimasta in tal modo il Tai chi si sarebbe
probabilmente perso, ma è grazie a YANG LU CHAN, un servitore
della famiglia, che il Tai Chi Chuan si diffuse; in quanto dopo
essere riuscito ad apprenderne l'arte e lo stile, si trasferì a
Pechino dove fondò una propria scuola.
YANG LU CHAN divenne famoso per essere stato sfidato da
moltissimi Maestri di Arti Marziali, senza mai essere sconfitto;
tanto da guadagnarsi il soprannome di “Senza Rivali”.
La sua fama lo portò ad insegnare alla Corte Imperiale,
accrescendone in tal modo la diffusione.
Anche i tre figli di Yang Lu Chan ( YANG BAN HOU – YANG FENG HOU
– YANG JIAN HOU) contribuirono in maniera rilevante alla
diffusione ed alla elaborazione dell'arte. Fu comunque il terzo
figlio di Yang Jian Hou, YANG CHENG FU (1883-1936), che dopo
aver insegnato a Pechino, trasferendosi in grandi centri come
Nanchino , Shangai, Hangzou, e viaggiando instancabilmente, fece
conoscere e diffondere il Tai Chi Chuan in tutta la Cina.
Una delle motivazioni che gli valsero la sua notorietà fu la
semplificazione e la stabilizzazione dello stile di famiglia,
che fu modificato per essere appreso facilmente e da persone di
ogni età, e ne diffuse il suo utilizzo anche come arte
terapeutica. Oltre alla scuola della famiglia YANG, e quello già
citato della famiglia CHEN, si diffusero gli stili di altre
famiglie, fra cui quelli più conosciuti furono gli stili SUN (
fondatore SUN LU TANG) e WU ( fondatore WU JIAN QUAN ).
Dopo l'avvento della Repubblica Popolare Cinese, il Tai Chi
Chuan venne ulteriormente modificato e semplificato per
facilitarne l'apprendimento alle grandi masse e per proporne
l'insegnamento negli ospedali come terapia complementare alla
medicina tradizionale cinese.
Solamente negli ultimi anni si è verificato una ricerca ed un
recupero del Tai Chi Chuan come Arte Marziale nei suoi contenuti
più tradizionali.
Queste righe e altro trovate sul sito
http://www.taijiquan.it/. |
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Jeet Kune Do |
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Con la denominazione Jun Fan
Jeet Kune Do ci si riferisce quindi all'arte originale di Bruce
Lee.
Originale significa il lavoro proprio di una persona distinto
dalle imitazioni fatte da altri. In altre parole la scienza e la
filosofia, nonché le tecniche e le strategie di combattimento,
sviluppate da Bruce Lee durante la sua vita.
Il Jeet Kune Do è il risultato dell'impegno e della dedizione di
un uomo che ha dedicato ore ed ore dei giorni della sua vita a
migliorare sé stesso e ciò che faceva.
Questo è il significato profondo del nome cinese di Bruce Lee,
Jun Fan, posto vicino al nome della sua arte.
Il Jun Fan Jeet Kune Do non è un insieme di tecniche di altri
stili, ha principi e tecniche proprie, quelli che Bruce Lee ha
insegnato da quando ha incominciato a riferirsi alla sua arte
con un nome nuovo. E se il nome ha importanza relativa, le
radici dell'arte hanno fondamentale valore perchè sono le parti
che ne caratterizzano l'intima natura.
I fondamenti del Jun Fan Jeet Kune |
Do sono la posizione di guardia, il
footwork e la capacità di sfruttare nel modo più efficiente ed
economico possibile il corpo umano.
Essere semplici, apprendere come usare nel modo più efficiente
le sole due braccia e due gambe di cui tutti noi esseri umani
siamo forniti, non significa essere formali, ma apprezzare un
modo estremamente funzionale ed intelligente di sfruttare le
nostre risorse.
La libertà di espressione individuale nasce dalla padronanza di
noi stessi, non dal possedere un bagaglio di centinaia di
tecniche diverse. |
Perchè come diceva Bruce Lee conoscere non
è sufficiente, bisogna applicare.
Il processo di miglioramento nel Jun Fan Jeet Kune Do consiste
quindi nel semplificare e nell'eliminare il superfluo.
Il Jun Fan Jeet Kune Do prende in considerazione il
combattimento a mani nude da un punto di vista totale, ma ciò
non significa che vengano analizzate molte soluzioni per
altrettante situazioni. |
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Piuttosto si seleziona il numero minimo di
tecniche e manovre che si rivelano efficaci e sicure in ogni
situazione.
Quelle semplici, dirette e non-classiche.
L'allenamento del Jun Fan Jeet Kune Do è un costante e completo
lavoro di preparazione fisica e mentale e di perfezionamento.
http://www.jkditaly.com |
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Lotta greco romana |
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Si tratta di una disciplina da combattimento olimpica. La Lotta si
distingue in due stili differenti: Libera, in cui è consentito
atterrare l'avversario con prese alle braccia, al corpo ed alle
gambe; Greco-Romana, in cui invece non sono ammessi colpi al di
sotto della cintura e
le gambe dei due contendenti non possono entrare in contatto. Lo
scopo finale comunque è quello di atterrare con le spalle a
terra l'avversario. |
La Lotta Greco-Romana,
contrariamente a ciò che il suo nome potrebbe far supporre, non
ha nulla da vedere con queste due civiltà del passato e tanto
meno con i colpi della lotta antica (Pancrazio). I colpi nella
Lotta Greco Romana sono 5 ma essi vengono portati in tutte le
condizioni e posizioni possibili, creando così un immenso
repertorio tecnico. I primi cenni storici della lotta si hanno
già nella Bibbia, quando Mosè la definisce un ottimo
"avviamento alla ginnastica bellica". Cercare le radici della Lotta
sarebbe sicuramente un'impresa ardua. Il cosiddetto "fare alle
braccia" era impresa agonistica istintiva e pertanto antichissima,
documentata da
reperti della civiltà sumerica di 5000 anni fa.
Nei Giochi
Olimpici dell'antichità, la lotta fu introdotta nel 708 avanti
Cristo: nella sedicesima Olimpiade venne affiancata alla corsa
insieme al
pentatlon. La Lotta veniva iniziata in piedi, non era necessario
far toccare all'avversario il terreno
con le due spalle per ottenere la vittoria ma occorreva che il
rivale fosse gettato a terra tre volte perché si dichiarasse vinto.
Le gare erano ad eliminazione diretta: chi vinceva tutti gli
incontri era definito "anefedro" ma il titolo più ambito era quello
di "aconita", attribuito a chi trionfava per rinuncia
dell'avversario che riconosceva la propria inferiorità prima di
combattere. Il più celebrato campione olimpico della Lotta fu
sicuramente Milone di Crotone, che vinse sei volte, nel periodo che
va dal 540 a.C.(aveva 15 anni secondo Strabone) al 516 a.C. Presso i
Romani la Lotta era praticata come formidabile mezzo di allenamento
militare mentre nel Medioevo erano permessi tutti i colpi cosiddetti
"proibiti": pugni alle tempie e sui denti, ginocchiate nel ventre,
strangolamenti, violente testate. La lotta moderna fu praticamente
rilanciata da atleti professionisti che godevano di larga popolarità
nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX. Fra
questi vanno ricordati anche gli Italiani Basilio Bartoletti (a cui
viene attribuita la creazione del termine "Lotta Greco-Romana"),
Pietro Dalmasso e, soprattutto, i fratelli Emilio, Massimo e
Giovanni Raichevich. Quest'ultimo, con innumerevoli successi
conseguiti in una carriera ventennale ai massimi livelli mondiali, è
diventato sinonimo di lotta, campione invincibile che si tramuta in
leggenda anche per il suo patriottico irredentismo. La vita
agonistica dei lottatori prevede fasi e categorie successive:
esordienti dai 13 ai 15 anni; cadetti 16 e 17 anni; juniores dai 18
ai 20 anni; seniores dai 21 ai 35 anni. E' anche possibile
gareggiare nella categoria Master dai 36 ai 50 anni. La Lotta viene
praticata nei due stili olimpici della Greco-Romana e dello stile
Libero,
aperto anche alle donne. Con l'introduzione della lotta
femminile nel programma olimpico, sono state variate le categorie di
peso, che attualmente sono per gli uomini quelle dei 55, 60, 66, 74,
84, 96 e 120; per le donne dei 48, 55, 63 e 72 chilogrammi. Questo
tipo di lotta non consente prese dalle anche in giù ed è vietato
servirsi degli arti inferiori. Non sono ammessi i colpi dolorosi o
che possano provocare ferite anche solo superficiali, e l’atleta
deve indossare una tuta aderente. Non è ammesso neppure cospargersi
di oli od altri unguenti che rendano la presa più difficile. |
REGOLAMENTO DI GARA
Il controllo del peso degli Atleti, si effettua la
sera antecedente alle gare. Tutti gli incontri ufficiali sono
diretti da una terna arbitrale composta da 1 Presidente di
tappeto, da un Arbitro e da un Giudice. Il punteggio degli
atleti viene segnalato con palette numerate e riportato su
segnalatori luminosi. Si può vincere un incontro portando
l'avversario con le spalle a terra: "ATTERRAMENTO". |
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Oppure per "SUPERIORITÀ' TECNICA"
(10 punti di differenza) o abbandono del combattimento da parte
di uno dei due Atleti o per squalifica di uno di essi per
comportamento antisportivo.
Nei casi suddetti l'incontro termina prima del limite e l'Arbitro assegna
la vittoria.
Qualora l'incontro dovesse concludersi alla scadenza del tempo
regolamentare si avrà la vittoria "ai punti" e sarà dichiarato
vincitore chi avrà conseguito il migliore punteggio tecnico.
Relativamente ai PUNTI TECNICI, la lotta prevede tecniche e
colpi eseguiti dalla posizione "in piedi" ed anche dalla
posizione "a terra".
Questi ultimi derivano
prevalentemente dallo sviluppo e dall'evoluzione tecnica di colpi
partiti dalla prima posizione. Fanno eccezione i colpi effettuati
sull'avversario posto dall'arbitro nella posizione di "greca",
ginocchia e palmo delle mani a terra (carponi), decisione
conseguente ad alcune situazioni negative (richiamo per passività,
uscita dalla materassina in posizione di pericolo). Un lottatore
è nella
posizione di pericolo quando le spalle sono rivolte verso terra con
un angolo inferiore ai 90 gradi. Il regolamento prevede azioni
tecniche la cui esecuzione premia da 1 a 5 punti. |
Le categorie vanno in base al peso e sono:
- Pesi Minimosca
- Pesi Mosca
- Pesi Gallo
- Pesi Piuma
- Pesi Leggeri
- Pesi Welter
- Pesi Medi
- Pesi Medio – Massimi
- Pesi Massimi
- Pesi supermassimi
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Il valore dei punti è maggiore o
minore a seconda dell'ampiezza della proiezione dell'avversario
e dalla posizione che lo stesso subisce nel contatto con la materassina. Quindi il massimo del punteggio (5 punti), si
avrà proiettando l'avversario con una forte elevazione e rotazione,
ponendolo nella posizione di pericolo. L'Atleta inconcludente o che
osteggia l'azione dell'avversario, viene richiamato dall'Arbitro per
"PASSIVITÀ'". Il Regolamento prevede la squalifica immediata
dell'Atleta che effettua intenzionalmente prese illegali o assuma
comportamenti contrari all'etica sportiva. A conclusione
dell'incontro è d'obbligo la stretta di mano tra i contendenti e
l'arbitro. |
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Kendo |
Anticamente il Kendo era definito Kenjutsu, e veniva praticato dai
Samurai.
Gli allenamenti ed i combattimenti erano molto duri e le conseguenze
spesso mortali.
In seguito, alla fine di guerre intestine (Sengoku Jidai), il
Giappone ebbe un lungo periodo di pace che modificò nel profondo la
società nipponica.
Venne a mancare la necessità di una classe sociale guerriera e, di
conseguenza, i Samurai sparirono. Si ebbero quindi grandi mutamenti
in seno al Kenjutsu, che da arte marziale si trasformò in Kendo "Via
della Spada".
Apparvero due nuovi stili: Shingake Ryu (nuova scuola) e soprattutto
Itto Ryu (scuola di combattimento con la spada).
I Grandi maestri inventarono o modificarono le protezioni e le
spade, fino ad arrivare alle forme che conosciamo oggi.
All'inizio del XVII secolo gli allenamenti si svolgevano ancora con
il Bokuto (spada di legno molto pesante), ma i colpi ferivano o
addirittura uccidevano i praticanti. La creazione dello Shinai (Fukuroshinai
- spada si bambù) fu una vera rivoluzione.
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Gli
attacchi nel kendo possono avvenire di taglio o di punta e solo
in parti dell'armatura (Bogu) prestabilite.
DI TAGLIO:
- Men, testa
- Kote, polsi
- Do, torace |
DI
PUNTA:
- Tsuki, gola |
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Il
Kiai
E' il grido procurato da una forte respirazione interiore, lo scopo
è di impressionare l'avversario per una frazione di secondo. Il Kiai
è il riflesso di colui che lo esegue e del suo stato mentale al
momento del combattimento. Deve essere sempre... forte,
sincronizzato, possente e preciso.
Il
punto
Per fare Ippon (punto vincente), il colpo deve essere netto e
preciso. L'Ippon deve essere portato con coordinazione perfetta e
simultanea di tutti i suoi aspetti: Energia (KI), Spada (KEN), Corpo
(TAI), Insieme (NO ICHI).
Il
combattimento
Attualmente esiste una forma di combattimento arbitrato (Shiai).
Ogni shiai può durare fino a cinque minuti, durante i quali i due
combattenti vengono giudicati contemporaneamente da tre arbitri. Lo
shiai può terminare solo quando uno dei due combattenti riesce a
fare due punti, oppure quando allo scadere del tempo sia stato
assegnato almeno un punto valido. In caso di pareggio lo shiai si
protrae ad oltranza (Encho).
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E' molto difficile
poter parlare di Kendo senza considerare la storia e
l'evoluzione della cultura Giapponese.Potremmo dire con
sicurezza che l'evoluzione di tale disciplina ha seguito
l'evolversi di momenti storici diversi. Il Giappone è l'ultimo
dei paesi asiatici che si sia conformato ad uno stile di vita
prettamente occidentale, per contro però è tra i paesi
"occidentalizzati" uno dei più attaccati alle proprie
tradizioni. Molti momenti della vita economica e sociale
Giapponese tradiscono ancora questa influenza. Il Kendo, come
disciplina in sè, è un esempio del peso delle tradizioni
storiche, religiose e culturali delle epoche passate, nella vita
del Giappone moderno.
Per poter quindi raccontarne l'evoluzione è necessario osservare
con attenzione i tre periodi storici fondamentali del Giappone.Il
primo periodo tra il 1100 e il 1600, il secondo tra il 1600 e il
1800, e il terzo dal 1800 ai giorni nostri. La consacrazione
della spada a "simbolo superiore" ha la sua origine con l'epoca
KAMAMURA (1192); nei secoli precedenti la casta dei guerrieri
aveva visto lievitare enormemente il proprio peso storico e
sociale, ma è solo con la presa totale del potere da parte dei
guerrieri che questi maturano un senso profondo e quasi
spirituale dei loro compiti. |
Per
sette secoli la spada divenne "l'anima del Giappone". La
principale ragione per la quale fu possibile ai BUSHI (Samurai)
amministrare incontrastati il paese risiede nella loro devozione
alla morte. Nel loro codice d'onore, e nei fatti, la loro vita
fu ampiamente sacrificata ogni volta che l'interesse della
collettività, la stabilità del sistema o una violazione di
regole lo richiedeva. La consapevolezza d'essere disponibili a
dare la vita ogni giorno, il rigore e la spiritualità quasi
religiose di questo modo di concepire il proprio ruolo nella
società, sono le premesse che li portarono, cinque secoli più
tardi, ad impostare il Kendo, quando l'amministrazione della
vita pubblica divenne più blanda e routinaria, a causa dello
sviluppo della vita urbana e della classe dei commercianti.
Vediamo di considerare i tre periodi di relazione tra la spada,
la sua evoluzione, e la storia Giapponese. Il primo periodo lo
poniamo tra il 1200 e il 1700. Il secondo tra il 1700 e il 1877.
Il terzo tra il 1877 e oggi. Il primo periodo si può dividere in
tre fasi. La prima non comporta vicende storiche estremamente
cruente. Il modo d'impiego della spada non registra evoluzioni
particolari.
Nella seconda Fase, tra il 1337 e il 1602, avvengono guerre
continue e sanguinose su tutto il territorio. I BUSHI diventano
la struttura portante di eserciti sempre più numerosi, composti
da soldati senza tradizione schermistica ed estranei alla
cultura bellica, i quali dovevano essere addestrati al
combattimento. S'inizia quindi a sentire la necessità di scuole
di scherma, che diffondano i valori della cultura guerriera.
Nasce così la figura del "maestro" e si sviluppano così forti
legami di Scuola, insieme al senso del DO-JO (il luogo della
pratica) e alla considerazione dello ZEN (meditazione buddista).
Quest'ultima componente educa al distacco dalle cose tutti
quegli allievi che, non avendo alle spalle alcuna tradizione
schermistica e culturale, dovranno poi affrontare la battaglia.
Qualche scuola punta molto su quet'ultimo concetto, innescando
così l'esperienza dell'uso della spada come formazione del
carattere trascendente. E' l'alba del Kendo.
Terza fase, le guerre hanno termine nel 1603. Gli eserciti
scompaiono ma la classe dei samurai resta enormemente dilatata
nel numero, nei poteri, nel prestigio, nelle funzioni. Nei cento
anni che seguono, il loro codice d'onore compie una grossa
evoluzione qualitativa (Bushido moderno), così anche le scuole
di scherma. Il paese chiude le frontiere e rinasce pacificamente
ancora più tradizionale e raffinatamente autoctono. Il secondo
periodo lo consideriamo decorrente dal 1700 perchè è allora che
nasce il Kendo che ancora oggi si pratica, e lo chiudiamo nel
1877, anno della battaglia di Satsuma, nella quale s'infrange il
sogno di potere dei samurai. In questo periodo storico nelle
scuole di scherma si cominciano a fare esperimenti
d'addestramento inediti |
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(KIRI GAESHI e
KAKARI GEIKO) e ad ideare protezioni al corpo, fino a realizzare
una nuova arma incruenta: lo SHINAI. Lo SHINAI è composto da
stecche di bambù assemblate da guaine di pelle e da una
cordicella. Permette un combattimento così dinamico da sembrare
esplosivo, non reca danni all'avversario, e consente al corpo di
essere protetto solo da un'armatura leggera. Quest' armatura
consente una gran libertà di movimenti a tutto il corpo, ed in
particolare alle gambe e alle braccia. Per arrivare a mettere a
punto il nuovo sistema di scherma ci vogliono circa cinquant'anni.
Centinaia di scuole furono interessate negli esperimenti, altre
rifiutarono la novità e continuarono ad usare la spada vera (KATANA)
e la spada di legno (BOKUTO ) in esercizi senza contatto fisico.
Verso il 1760 comunque la pratica del kendo era abbastanza
diffusa in tutto il Giappone; è in questo secolo che si pervenne
anche ad una certa omologazione di sistemi ortodossi
d'addestramento,con accordi selettivi tra le numerose scuole e
tra centinaia di modi di combattere.Il Kendo restò largo
appannaggio della casta dei samurai, essi poterono continuare ad
addestrarsi al combattimento in quel lungo periodo di pace.
Perciò quando la restaurazione imperiale (1868) e nuove forme di
governo misero fuori gioco la casta, anche le scuole di scherma
cessarono di essere frequentate. La crisi raggiunge il punto
peggiore nel 1876 a causa della legge che proibiva
definitivamente il porto della spada, e nel 1877 in seguito al
soffocamento dell'ultima rivolta dei samurai. Inizia così il
terzo periodo di relazione tra la spada e la storia del
Giappone, relazione apparentemente inesistente, dato il
cambiamento in atto nel paese e nel mondo.
Cessata dunque la ragione d'esistenza delle scuole, i samurai e
i maestri più appassionati escogitano diversi espedienti per
destare l'attenzione della gente.
Organizzano dimostrazioni, ma ottennero solo lo scopo di
sollecitare la curiosità della popolazione che potè conoscere
alcuni aspetti della vita della vecchia casta che prima erano
segreti. Purtroppo questo non basta. I samurai che non accettano
la nuova realtà si sentono emarginati in una società nella quale
non si riconoscono, e non riescono ad inserirsi. |
Altri
invece cavalcando il vento del rinnovamento, si calano nella
nuova realtà fino a diventare protagonisti della nuova era di
rinnovamento, e addirittura, nell'arco di due o tre decenni,
riescono a coprire ruoli chiave nella polizia, nel nuovo
esercito, nella marina, nella scuola e sopratutto
nell'industria. Furono loro, i nuovi Samurai, a sostenere
l'attività dei maestri più fedeli. Fino a quando, ai primi del
secolo, il Kendo fu proposto nelle scuole (primarie, medie e
università), praticato nei distretti di polizia, nelle aziende
private, negli uffici pubblici e nelle forze armate. Perchè?
Sicuramente non certo per una questione sportiva. Allora il
fenomeno sportivo non esisteva in Giappone. Era la volontà di
coltivare i valori della tradizione e della religiosità insita
nella "via della spada", l'esigenza di conservare una propria
identità culturale a fronte di modelli economici d'importazione
estranei ai propri valori. La necessità di formare nei
Giapponesi un carattere che superasse le comuni tendenze
egocentriche, e si orientasse verso una coscienza collettiva, di
gruppo, d'insieme permeando il tutto con i fattori meditativi
dello ZEN. Lo scopo del Kendoka è di addestrare la propria
"anima" attraverso la disciplina e le regole del combattimento,
non di usare le regole del combattimento e il mezzo della spada
come strumento che sopprime l'avversario. Purtroppo questi
princìpi sono stati travisati durante il periodo
bellico-nazionalista, così come, subito dopo la guerra, si
preferì dare al Kendo una coloritura agonistica per ottenere il
consenso delle autorità di occupazione Americane.
Paradossalmente è stata questa nuova veste che ha determinato
anche l'espansione del Kendo in una ventina di nazioni al di
fuori del Giappone. Resta il fatto che, il Kendo Giapponese,
ancor oggi pesca nell'antica tradizione anche quanto si presenta
come disciplina sportiva. |
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